Un interessante nota che da alcuni dati che mostrano l' estrema diseguaglianza dell' Italia apparso sul blog del IlFatto Quotidiano del 29/10/2011
L’Italia, il Paese più diseguale degli altri
L’Italia è tra i paesi con più alta diseguaglianza, insieme con il Regno Unito e gli Stati Uniti. I paesi a maggiore eguaglianza invece sono quelli Scandinavi, mentre l’Europa continentale si colloca nel mezzo. In una prospettiva di medio termine si osservano degli andamenti comuni tra le varie aree: negli anni ‘70-‘80 la diseguaglianza è rimasta stabile quasi ovunque, mentre invece è aumentata nel decennio ’90. Regno Unito e Stati Uniti sono delle eccezioni perché hanno sperimentato un aumento delle diseguaglianze in ambedue i periodi . L’aumento della diseguaglianza negli Stati Uniti può essere spiegata da una serie di fattori: aumento delle differenze salariali tra i lavoratori a più elevata istruzione e lavoratori manuali; aumento in generale del rendimento dell’istruzione. Si è soprattutto avuto un impoverimento dei lavoratori meno qualificati (unskilled): il salario reale di questi lavoratori è diminuito negli anni ‘90 rispetto agli anni ’70. L’avvento di tecnologie digitali ha spiazzato questo tipo di lavoro non qualificato, ma anche il commercio con i paesi a più basso costo di lavoro (Cina, India etc.) ha spinto verso la delocalizzazione di lavorazioni a maggiore contenuto di lavoro unskilled. Si è creata negli Stati Uniti una vera classe di lavoratori poveri (working poors): persone che guadagnano uno salario insufficiente per vivere decentemente. I dati sull’Italia sono quelli delle Indagini della Banca d’Italia. La diseguaglianza del reddito in Italia ha registrato un andamento ad U: in diminuzione dalla metà degli anni ’70 fino alla fine degli anni ’80; in aumento negli anni ‘90, con un andamento stazionario dai primi anni 2000 in poi. La diffusione di forme contrattuali flessibili, la concorrenza dei paesi emergenti, e la bassissima dinamica della produttività hanno probabilmente spinto verso l’aumento della diseguaglianza negli anni ’90. Si stima che circa il 15-20% dei lavoratori italiani è working poor, hanno cioè un salario che è inferiore di due terzi rispetto al salario mediano. Le spiegazioni generali della maggiore diseguaglianza sono quelle che abbiamo descritto per gli Stati Uniti: progresso tecnologico che premia i lavoratori più istruiti; commercio internazionale che spinge verso la delocalizzazione dai paesi ricchi a quelli poveri delle lavorazioni a maggiore intensità di lavoro meno qualificato; maggiore flessibilità dei mercati del lavoro; politiche pubbliche meno generose per i poveri. Per l’Italia la prima spiegazione non è rilevante. Il premio all’istruzione in Italia è molto basso. I laureati guadagnano poco di più dei diplomati e così via. Sull’Italia ci fornisce utili analisi Stefano Perri:
La mobilità sociale è molto bassa: la probabilità di cambiare classe sociale è modesta e i percorsi di carriera (per la stessa generazione) sono lenti. Da questa breve fotografia bisogna partire per ragionare su quali misure prendere per tornare a crescere. Non bastano le ricette che ci suggerisce la lettera della Bce. Bisogna agire sulla diseguaglianza. Ci torneremo su. |
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